domenica, luglio 22, 2018

Compositori del Rinascimento: 1. Giulio Caccini (1551-1618).

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Wikipedia. - Treccani.
Nasce a Tivoli nel 1551 e muore a Firenze nel 1610. È stato compositore, arpista e cantore. In gioventù fu membro della Cappella Giulia a Roma.  Studio canto e liuto con Scipione della Palla. Viaggiò a lungo fra Roma, Ferrara e Parigi. Trasferitosi a Firenze, fece parte della Camerata de' Bardi, l'Accademia che sul finire del XVI secolo stava gettando le basi del moderno melodramma, che egli teorizzò ne Le nuove musiche. Cercò di liberare la melodia dalle catene del metro poetico, con l'intento di farle seguire maggiormente le parole ed i moti del sentimento; oltre a questo, si mise in luce come disciplinatore del nuovo modo di cantare. «Dei primi anni del suo soggiorno fiorentino non conosciamo quasi nulla. Da testimonianze posteriori si arguisce che, favorito dalla sua abilità di cantante, venne ben presto accolto nei circoli artistici più qualificati di Firenze, ove lo spingevano il suo spirito di intraprendenza, la naturale sete di progredire nell'arte musicale e una non trascurabile ambizione, che suscitò intorno a lui gelosie e rivalità, da cui non andarono immuni, del resto, gli altri artisti della corte medicea. Era un momento particolare della storia civile di Firenze, quando, sulla scia del fervore umanistico per l'arte classica, si interrogavano le opere teorico-musicali di Aristotele, di Aristosseno e di Claudio Tolomeo. La musica greca infatti fu uno degli argomenti più dibattuti nelle riunioni della camerata fiorentina (nota anche come camerata de' Bardi perché dal 1576 al 1582 ebbero luogo nel palazzo di Giovanni Maria de' Bardi, conte di Vernio, mecenate dalla vasta cultura umanistica, poeta e compositore di musica).»

Links musicali:
1. Giulio Caccini: Nuove Musiche.
2.
3.

lunedì, maggio 21, 2018

Scrittori italiani online: 2. Enrico Corradini (1865-1931), Il nazionalismo italiano. § 1:

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Testo online.
ENRICO CORRADINI
Il nazionalismo italiano.
Terzo Migliaio.
Milano, Fratelli Treves, editori, 1914.

francesi - inglesi - tedeschi - spagnoli
Internet Archive: Enrico Corradini. (448)








§ 1.

Prefazione.


E. Corradini (1865-1931)
Una parte di questo volume comprende alcune pagine già pubblicate altrove, e le ho raccolte un po’ per l’istinto che ci spinge a voltarci indietro quando si è giunti a un certo punto del cammino.

Sono cose che precedettero il congresso di Firenze del Dicembre 1910 da cui uscì l’Associazione Nazionalista. Si riconnettono con l’opera di propaganda individuale che incominciai con alcuni amici miei, primo Pier Ludovico Occhini, sin dal 1903 con la fondazione del Regno.

Il resto del volume è formato per la massima parte di discorsi letti per le varie città durante quest’anno. Ed è un nuovo contributo all’opera di revisione di tutto un passato e di formazione di tutto un avvenire che il nazionalismo va assiduamente facendo nella politica italiana.

Con umile volto l’offro soprattutto a coloro i quali continuano a ripetere che ancora non capiscono, non vedono in che cosa il nazionalismo consista, che cosa precisamente sia. Sono una gran turba d’italiani i quali concepiscono il nazionalismo come qualche cosa che stia in un cantuccio. Basterebbe darsi la pena di cercarlo e si troverebbe, ma essi non si danno la pena e perciò non lo trovano, e quindi continuano a ripetere che non sanno che sia.

In verità nulla m’impensierisce di più di questa incapacità di fare attenzione che si ritrova in tanta parte del pubblico italiano. Pronti a parlare, e soprattutto a giudicare, restii a capire. I lettori conoscono la frase italiana detta con certa aria: — Non capisco questa cosa! — Chi la ripete vuol dire che insomma gli pare che la cosa non stia. E così da anni mi sento ripetere: — Non capisco il nazionalismo! — E m’accorgo che ben pochi davvero sospettano di non capirlo, perchè non riescono a capirlo, o perchè non si danno la pena di capirlo. È pur legge comune che l’uomo non sospetta mai della propria intelligenza, ma sempre della cosa che dovrebbe intendere; però, tal legge si applica al nazionalismo in modo che ormai passa tutti i limiti.

Per noi tale incapacità di attenzione seria e di riflessione seria nelle nostre classi maggiori è ancora un persistere di quella debilitazione etnica che patimmo nei lunghi secoli del servaggio e dell’inerzia. Fatto sta che il nazionalismo è obbligato a questo: non soltanto a elaborare ed esporre la sua propria dottrina, ma anche a formare il mezzo pubblico atto ad accoglierla. Perciò procede nella prima operazione piuttosto lento e alquanto cauto. Noi abbiamo soprattutto bisogno di questo: che la media opinione pubblica liberale si renda esatto conto che c’è una certa differenza fra il liberalismo e noi, non soltanto negli atteggiamenti bellici elettorati, ma più nella parola scritta e più ancora nel sentimento non scritto. Noi non vorremmo essere per loro la musica dell’avvenire, il che talvolta suppongono; vorremmo essere soltanto una musica alquanto diversa, il che quasi mai sono proclivi a supporre.

Comunque, ci spronano le giovani generazionche sono interamente con noi e per noi, che c’intendono d’istinto, la qual cosa è assai di più dell’intelligenza.

Per esse gli uomini del nazionalismo italiano proseguono l’opera loro. Della quale l’importanza apparirà un giorno. Apparirà insomma di che cosa si tratta. Si tratta di espellere d’Italia le sopravvivenze di due rivoluzioni straniere, della rivoluzione borghese gallica e della rivoluzione socialista tedesca; e di aprir la strada a una formazione italiana politica, morale, spirituale. Cioè, porre nel nostro terreno i germi nostri di una futura civiltà nostra che prenda il cammino del mondo.

Firenze, Marzo 1914.

Enrico Corradini.


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giovedì, aprile 12, 2018

§ iii. Introduzione: R. Fornaciari: Grammatica storica della lingua italiana.

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Testo online.
GRAMMATICA STORICA
DELLA LINGUA ITALIANA
Estratta e compendiata
dalla Grammatica Romana di Federico Diez
per opera di
Raffaello Fornaciari
Parte Prima
Morfologia
Roma - Torino - Firenze
Ermanno Loescher
1872


 § ii. ← § iii. → iv.

INTRODUZIONE

Sommario: §§ 1. L’italiano come lingua derivata. – 2. Commistione del linguaggio dei popoli vincitori con quello dei popoli vinti. –


§ 1. L’italiano come lingua derivata. — La lingua italiana non è originale come la greca e la tedesca, ma proviene dalla lingua latina; onde appartiene alle lingue derivate. Quando i Romani estesero la loro signoria sulle terre conquistate in Italia e fuori, vi portarono anche la natia lingua, la quale negli ultimi secoli dell’impero occidentale si trovava stabilita non pure in tutta Italia, ma ancora nella penisola de’ Pirenei, nella Gallia e nei paesi del Danubio da Traiano sottomessi e popolati di colonie. Questa lingua però non era il latino quale è scritto in Cicerone o in Tacito, ma quale lo parlava il popolo (lingua rustica), cioè un volgare, che secondo i bisogni e le occasioni si andò ampliando sempre più e allontanandosi dalla lingua scritta usata dai signori e dai letterati, quanto più quella lingua perdea vita e mobilità.

Nota. — Fra i tanti vocaboli che appartengono a questa lingua del popolo, rechiamo per esempio: bucca (bocca) per os, caballus (cavallo) per equus, casa (capanna, casa) per domus, catus (gatto) per felis, bassus (basso) per humilis, grossus (grosso) per crassus, batuere (battere) per verberare, campsare (cansare) per vitare, manducare (mangiare) per edere, i quali e simili vocaboli si leggono per lo più o negli antichissimi scrittori latini, quando la lingua non era anche stata coltivata, o ne’ grammatici ultimi che cercavano, additando le forme popolari, di conservarne la purità.

§ 2. Commistione del linguaggio dei popoli vincitori con quello dei popoli vinti. —  Quando poi nel quarto e quinto secolo dopo Cristo, i Germani, passato il Danubio, le Alpi e il Reno, ebbero invaso l’impero romano, essi, quantunque vincitori, presero bensì la lingua dei loro soggetti che erano assai più civili e colti e in troppo maggior numero; ma ciò non ostante una parte dei vocaboli tedeschi entrò nelle nuove favelle.

Nota. — Tali sono, per esempio, non pochi vocaboli che si riferiscono a cose civili e guerresche o ad altri usi dei vincitori: p. e. alabarda, albergo, nappo, araldo, bandire, bargello, bianco, bordo, bracco, brando, dardo, elmo, forbire, fresco, gabella, gaio, guerra, rocca, schermo, schiavo, stocco, tovaglia, ecc.

§ 3. Secondo l'uso già invalso presso i latini, questi tedeschi
invasori eran chiamati barbari^ e barbara la lor lingua. Essi al
contrario diceano gli abitanti dell'impero romani^ onde alle
nuove lingue che si formarono fra questi ultimi, restò il nome
di lingue romane. Sei sono le lingue romane più coltivate, e
che hanno una propria letteratura, la valacca nella Vallachia
(l'antica Dacia), l'italiana in Italia, la provenzale nel mezzo-
giorno della Francia ( Provenza ) lingua che ora nelle scritture
non si usa più, la francese in tutta la Francia, la spagnuola
e la portoghese nella Spagna e nel Portogallo.

§ 4. Queste lingue romane si considerano quindi come so-
relle, poiché tutte risultano per la massima parte dal latino e
in parte ancora dal tedesco. Ciò però non toglie che non vi
sieno entrate ancora molte voci greche, e non poche altresì
delle arabiche venute in Ispagna per l'invasione degli Arabi,
e di là passate poi nelle vicine nazioni.

Nota. — Di forme greche basti citare abisso, agognare,
accidia, atomo, bastone, borsa, ermo, zìo,
colla, golfo ^ estro, parola, tapino ecc. Di arabi-
che albicocco, alchimia, alcool, alcova, alge-
bra, assassino, canfora, turcimanno, giulebbe,
lambicco, tariffa, turcasso ecc.

§ 5. La lingua italiana è la più pura tra le lingue romane,
e può dirsi a buona ragione, la figlia più somigliante alla
madre. Valutando le voci che essa contiene, si trova a un di-
presso che nove decimi sono d'origine latina, dell'altro decimo
le più appartengono alla lingua degli antichi Germani, poi






alla greca ed all'araba, alcune al persiano, al celtico, allo slavo;
altre sono di origine ancora incerta ed oscura, e risalgono forse
airantiche favelle italiche, come Tetrusca, la ligure, l'osca.
Tumbra ecc. Di quelle voci finalmente che possono esservi pe-
netrate per le invasioni e gli stabilimenti dei Normanni e
Francesi nella Sicilia e in Napoli, dei Catalani nella Sardegna,
dei Provenzali nell'Italia settentrionale, non è da tener conto,
perchè tutti questi popoli, come si rileva da quanto dicemmo
sopra, ebbero un fondo di lingua comune colla italiana. *

§ 6. — La lingua italiana si estende in tutta la penisola detta
italica ed inoltre nel cantone del Ticino e in una parte del
Tirolo e deiriUiria. Si distingue in parlata e scritta. La par-
lata si divide in molti dialetti, i quali si possono annoverare
distinguendo tre provinole di lingue, una dell'Italia inferiore,
una della media, una della superiore. Appartengono alla infe-
riore il dialetto napoletano, il calabrese, il siciliano, ai quali
bisogna aggiungere i dialetti della Sardegna. All'Italia media
appartengono i dialetti toscani, p. e. quelli di Firenze, Pistoia,
Siena, Pisa, Lucca, Arezzo, e i dialetti romani. Aggiungi la
Corsica e una parte della Sardegna. All'Italia superiore appar-
tengono il genovese, il gallo italico (che comprende i dialetti
della Lombardia e dell'Emilia, e il piemontese), il veneziano e
il friulano. La principal differenza tra i dialetti inferiori e i
dialetti superiori sta in questo, che i primi fognano le conso-
nanti, i secondi le vocali prive d'accento, quelli son più molli,
questi sono più aspri, conforme al diverso clima e sito del luogo
dove si parlano.

§ 7. — La lingua italiana scritta, e usata nell'opere letterarie
per tutta la penisola, non è altro in origine che la lingua di
Firenze o piuttosto della Toscana, nobilitata e corretta, col-
l'aiuto del latino, dai tre grandi fiorentini Dante, Petrarca e
Boccaccio. Fu poi trattata ed ampliata da scrittori eccellenti
d'ogni parte d'Italia, ma tenne sempre per suo fonte la Toscana,
e per secol d'oro il secolo di quei tre. Si cominciò a regolarla
colla grammatica nella prima metà del secolo XVI, e si pub-



* Vedi il Nannucoi, Voci italiane derivate dalla lingua proven-
jsale^ Firenze 1840.



blicò il primo suo vocabolario generale nel 1612 dall'Accade-
mia fiorentina della Crusca.

§ 8. — Essendo dunque la lingua italiana derivata dalla la-
tina, ne segue che non solamente quasi tutti i vocaboli di cui
si compone sieno latini, ma ancora che la flessione loro e la
loro costruzione abbiano per norma la grammatica latina. Quindi
chi voglia acquistare una cognizione profonda e ragionata della
lingua italiana, deve muovere dalle forme latine, come noi fa-
remo in questo lavoro.




§ ii - R. Fornaciari: Grammatica storica della lingua italiana. - Indice delle materia.

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Testo online.
GRAMMATICA STORICA
DELLA LINGUA ITALIANA
Estratta e compendiata
dalla Grammatica Romana di Federico Diez
per opera di
Raffaello Fornaciari
Parte Prima
Morfologia
Roma - Torino - Firenze
Ermanno Loescher
1872

 i. ← § ii. → iii.

INDICE DELLE MATERIE




Prefazione.

Introduzione: §§ 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8. 

PARTE PRIMA. — MORFOLOGIA

Libro Primo — Dottrina dei suoni o trattato delle lettere.

Capo I. —  I suoni della lingua italiana disposti secondo gli organi della favella: § 9.

Capo II. — Modificazioni delle vocali — Vocali accentate: §§ 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20.
Capo III. — Vocali non accentate: §§ 21-42.

Capo IV. — Modificazioni delle consonanti: §§ 43-57.

»• V. — Appendice che contiene alcune generali os-
servazioni — a) Vocali .... » 27

b) Consonanti >* 29

Tavola dei suoni elementari colle loro più

comuni corrispondenze nelle voci italiane y* 34

Libro Secondo — Dottrina delle flessioni o
trattato delle parti del discorso.

Capo I. — Introduzione ...... » 35

II. — Della declinazione in generale . . ••36

.III. — Del sostantivo ...... »» 39

IV. — DelPAddiettivo « 43

Dei Numerali » 45

" V. — Del Pronome ...... «46

♦» VI. — Della coniugazione in generale . . ••50

A. Attivo ..,.,,. tt ivi

B. Flessioni personali .... » 53
C Flessioni temporali .... ••54
D, Passivo e Deponente .... •«SS



»•



8



Capo VII.

n Vili.

« IX.

» X.

« XI.

n XII.

• XIII.



Forme della coniugazione

Osservazioni particolari sulla coniuga-
zione di forma debole . . 9 .

Osservazioni particolari sulla coniuga-
zione di forma forte ....

I. Delle particelle

II. Avverbi
Preposizioni
Congiunzioni
Interiezioni



Pag, 56



59






65
70
61
79
81
82






Libro Terrò — Dottrina della formazione

delle,parole.



H II. —



M III.



Capo I. — Considerazioni generali sulla derivazione

Derivazione dei nomi . .

A. Derivati con pure vocali

B. Derivati con semplice consonante

C. Derivati con consonante doppia

D. Derivati con consonanti disuguali
Derivazione dei verbi — Considerazioni

generali . . . . .
a ) Derivati con semplice consonante
b) Derivati con consonante doppia
e) Derivati con più consonanti disuguali
Composizione delle parole
Composizione nominale
a ) La parola determinante è un sostantivo
h) La parola determinante è un addiettìvo
Composizione con particelle
Composizione di frasi . . . .

Ossei*vazioni generali sul significato dei

composti



n



IV.
V.



VI.

VII.

VII.



84
86
88

• •

IVI

100
101

105
106
108
109

■ •

IVI

110
111
112
113
118

119


§ 3. La situazione in Corsica.

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Testo online in OS.
 ć ǝ ẹ ę ọ ← 2. → ŏ ō ē ĕ ū ŭ ĭ ī ā ă

La situazione in Corsica

Il sistema vocalico che abbiamo ora caratterizzato, sebbene si sia affermato in gran parte della Romània, non ha però preso piede dappertutto. Invero, in Romania si ha un uguale esito per ē ed ĭ (confusione in e: cfr. il romeno parete ← parēte e sete ← sĭte) ma ō si è svolta insieme con ŏ (soare ← sōle, roata ← rōta), non con ŭ (cruce ← crŭce). Parimenti la Sardegna non ha preso parte allo sviluppo del latino volgare. Qui la ē ha avuto lo stesso esito non di ĭ, ma di ĕ, e analogamente la ō non di ŭ, ma di ŏ; mentre ī  si è svolta confondendosi con ĭ e ū con ŭ: cfr. il sardo nive ← nĭve, kadęna ← catēna, fęle ← fĕl, ruke ← crŭce, sǫle ← sōle, rǫda ← rōta, filu ← filu, muru ← muru. Si è ritenuto per lungo tempo che questa conservazione delle differenze tra ĭ  ed ē,  ŭ ed ō fosse limitata soltanto alla Sardegna (e alla parte meridionale della Corsica, cfr. § 127); ma studi più recenti hanno mostrato che la separazione di entrambe le coppie di suoni e la coincidenza di ē  con ĕ,  ō con ŏ,  ī con ĭ, ū con ŭ  sussiste ancora oggi in una striscia quanto mai arcaica di territorio montano al confine della Calabria con la Lucania: si tratta di una zona che da Maratea nel golfo di Policastro si spinge fino al golfo di Taranto, da entrambe le parti del confine tra Calabria e Lucania, per Castrovillari e la valle del Sinni. Nella parte meridionale la zona in discorso arriva fino alla linea che congiunge all’incirca Diamante con Cassano, nel settentrione fino al fiume Agri. Prendendo come esempio per la Lucania le località di Maratea e San Chirico Raparo, per la Calabria Oriolo e Cerchiara, otterremo il seguente quadro fonetico:

La coincidenza di ē con ĕ, di ō con ŏ, fa sì che in seguito quelle che furono ē ed ō subiscano l’ulteriore destino di ĕ ed ŏ; così, per esempio, parole che un tempo avevano ē ed ō partecipano a quei medesimi processi di metafonia o di dittongazione sotto l’influsso di una -ŭ o di una -ī finali, che valgono per delle ĕ ed ŏ primarie: cfr. nel territorio calabrese della zona arcaica in discorso acietu ’aceto’, sievu ‘sego’, miecu ← mēcum, virnietu ‘ontaneto’ ← vernētum, vuliemu ← volēmus, avietsǝ ←  habētis, triei ← *trēi, fiemmǝna ← fèmina, cuttuóriu ← *coctōrium, scuópulu ← *scōpulu, -uosu (per esempio minnuluosu, garrijuosu) ← -ōsus. Del tutto analoga è la situazione in Sardegna; anche qui ē ed ō prendono  parte, sotto l’influsso di una -ŭ o di una -ī  finali, all’ulteriore sviluppo di ĕ ed ŏ, sviluppo che in questa zona non conduce peraltro alla dittongazione, ma soltanto alla metafonia di ę →  ẹ, ǫ → ọ: per esempio prẹnu - pręna ‘pieno’, ‘piena’ (come lẹttu lĕctu), ọru ‘orlo’ ōru (come fọgu ← fŏcu). Come in Sardegna, anche qui si ha lo stesso esito per ĭ  e per ī, per ŭ ed ū: cfr. nivi ← nĭve, filu ← fīlu, nući ← nŭce, lući ← lūce. In contrapposto al sistema vocalico del latino volgare, costituito da cinque gradi, abbiamo dunque qui - come in Sardegna (e nella Corsica meridionale) - un sistema di tre gradi (Sistema B), come nel latino antico:
Il sistema della nove vocali si è semplificato in cinque:

La notevole corrispondenza fra gli esiti assai arcaici della Sardegna e lo sviluppo fonetico della zona calabro-lucana che di sopra abbiamo delimitato ci addita delle interdipendenze molto antiche. Copioso materiale documentario per questa zona dà il Lausberg - al quale dobbiamo la scoperta dei citati particolari rapporti fonetici - nel suo lavoro « Die Mundarten Südlukaniens », §§ 18 sgg., che resta fondamentale per il vocalismo dell’Italia meridionale; cfr. anche Rohlfs, in Jaberg, Don., 31 sgg., dove sono state raccolte liste particolareggiate di comparazione.

Un sistema di compromesso si è sviluppato in una piccola zona nell’interno della Lucania (a sud-est di Potenza): in questa porzione di territorio di transizione fra l’ambiente dialettale con vocalismo sardo da un lato, e la contigua area a nord con vocalismo neolatino-comune,  ĭ ed ē (ed ĕ) si sono confuse nel suono e (come nel Sistema A), mentre ŭ è rimasta separata da ō  e si è fusa con l’antica ū. Un esempio di tale vocalismo (che corrisponde alla situazione fonetica del romeno) è il punto 733 - Castelmezzano - dell’AIS: cfr. sẹta, tẹla, vẹna, sẹra, nẹvǝ, pẹća, sẹta ‘sete’, pẹpǝ (accanto a fẹlǝ, mẹlǝ), dall’altra parte krućǝ, núcǝ, surdǝ ‘sorda’, grutt, munć ‘mungere’, vuddǝ ’bollire’ (a fianco di murǝ, fusǝ), di contro a nǝpotǝ, sọlǝ, karvọnǝ, krọna (a fianco di kọrǝ, nọvǝ ‘nuova’). La dimostrazione di questo vocalismo, i cui confini geografici sono ancora da stabilire con maggior precisione, è stata data dal Lausberg, §§ 70 sgg. Nella zona in questione vale in sostanza il seguente sistema, anch’esso a tre gradi (Sistema C)(1):



(1) Lo sviluppo vocalico in questione è valido soltanto per la posizione in sillaba libera, perché in quella chiusa le vocali chiuse sono diventate aperte per abbreviamento.


mercoledì, aprile 11, 2018

§ 2. Vocalismo arcaico in una zona dell’Italia meridionale (Lucania-Calabria).

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Testo online in OS.
 2.

Vocalismo arcaico in una zona dell’Italia meridionale (Lucania-Calabria)

Il sistema vocalico che abbiamo ora caratterizzato, sebbene si sia affermato in gran parte della Romània, non ha però preso piede dappertutto. Invero, in Romania si ha un uguale esito per ē ed ĭ (confusione in e: cfr. il romeno parete ← parēte e sete ← sĭte) ma ō si è svolta insieme con ŏ (soare ← sōle, roata ← rōta), non con ŭ (cruce ← crŭce). Parimenti la Sardegna non ha preso parte allo sviluppo del latino volgare. Qui la ē ha avuto lo stesso esito non di ĭ, ma di ĕ, e analogamente la ō non di ŭ, ma di ŏ; mentre ī  si è svolta confondendosi con ĭ e ū con ŭ: cfr. il sardo nive ← nĭve, kadęna ← catēna, fęle ← fĕl, ruke ← crŭce, sǫle ← sōle, rǫda ← rōta, filu ← filu, muru ← muru. Si è ritenuto per lungo tempo che questa conservazione delle differenze tra ĭ  ed ē,  ŭ ed ō fosse limitata soltanto alla Sardegna (e alla parte meridionale della Corsica, cfr. § 127); ma studi più recenti hanno mostrato che la separazione di entrambe le coppie di suoni e la coincidenza di ē  con ĕ,  ō con ŏ,  ī con ĭ, ū con ŭ  sussiste ancora oggi in una striscia quanto mai arcaica di territorio montano al confine della Calabria con la Lucania: si tratta di una zona che da Maratea nel golfo di Policastro si spinge fino al golfo di Taranto, da entrambe le parti del confine tra Calabria e Lucania, per Castrovillari e la valle del Sinni. Nella parte meridionale la zona in discorso arriva fino alla linea che congiunge all’incirca Diamante con Cassano, nel settentrione fino al fiume Agri. Prendendo come esempio per la Lucania le località di Maratea e San Chirico Raparo, per la Calabria Oriolo e Cerchiara, otterremo il seguente quadro fonetico:

La coincidenza di
ē con ĕ, di ō con ŏ, fa sì che in seguito quelle che furono ē ed ō subiscano l’ulteriore destino di ĕ ed ŏ; così, per esempio, parole che un tempo avevano ē ed ō partecipano a quei medesimi processi di metafonia o di dittongazione sotto l’influsso di una -ŭ o di una -ī finali, che valgono per delle ĕ ed ŏ primarie: cfr. nel territorio calabrese della zona arcaica in discorso acietu ’aceto’, sievu ‘sego’, miecu ← mēcum, virnietu ‘ontaneto’ ← vernētum, vuliemu ← volēmus, avietsǝ ←  habētis, triei ← *trēi, fiemmǝna ← fèmina, cuttuóriu ← *coctōrium, scuópulu ← *scōpulu, -uosu (per esempio minnuluosu, garrijuosu) ← -ōsus. Del tutto analoga è la situazione in Sardegna; anche qui ē ed ō prendono  parte, sotto l’influsso di una -ŭ o di una -ī  finali, all’ulteriore sviluppo di ĕ ed ŏ, sviluppo che in questa zona non conduce peraltro alla dittongazione, ma soltanto alla metafonia di ę →  ẹ, ǫ → ọ: per esempio prẹnu - pręna ‘pieno’, ‘piena’ (come lẹttu lĕctu), ọru ‘orlo’ ōru (come fọgu ← fŏcu). Come in Sardegna, anche qui si ha lo stesso esito per ĭ  e per ī, per ŭ ed ū: cfr. nivi ← nĭve, filu ← fīlu, nući ← nŭce, lući ← lūce. In contrapposto al sistema vocalico del latino volgare, costituito da cinque gradi, abbiamo dunque qui - come in Sardegna (e nella Corsica meridionale) - un sistema di tre gradi (Sistema B), come nel latino antico:
Il sistema della nove vocali si è semplificato in cinque:

La notevole corrispondenza fra gli esiti assai arcaici della Sardegna e lo sviluppo fonetico della zona calabro-lucana che di sopra abbiamo delimitato ci addita delle interdipendenze molto antiche. Copioso materiale documentario per questa zona dà il Lausberg - al quale dobbiamo la scoperta dei citati particolari rapporti fonetici - nel suo lavoro « Die Mundarten Südlukaniens », §§ 18 sgg., che resta fondamentale per il vocalismo dell’Italia meridionale; cfr. anche Rohlfs, in Jaberg, Don., 31 sgg., dove sono state raccolte liste particolareggiate di comparazione.

Un sistema di compromesso si è sviluppato in una piccola zona nell’interno della Lucania (a sud-est di Potenza): in questa porzione di territorio di transizione fra l’ambiente dialettale con vocalismo sardo da un lato, e la contigua area a nord con vocalismo neolatino-comune,  ĭ ed ē (ed ĕ) si sono confuse nel suono e (come nel Sistema A), mentre ŭ è rimasta separata da ō  e si è fusa con l’antica ū. Un esempio di tale vocalismo (che corrisponde alla situazione fonetica del romeno) è il punto 733 - Castelmezzano - dell’AIS: cfr. sẹta, tẹla, vẹna, sẹra, nẹvǝ, pẹća, sẹta ‘sete’, pẹpǝ (accanto a fẹlǝ, mẹlǝ), dall’altra parte krućǝ, núcǝ, surdǝ ‘sorda’, grutt, munć ‘mungere’, vuddǝ ’bollire’ (a fianco di murǝ, fusǝ), di contro a nǝpotǝ, sọlǝ, karvọnǝ, krọna (a fianco di kọrǝ, nọvǝ ‘nuova’). La dimostrazione di questo vocalismo, i cui confini geografici sono ancora da stabilire con maggior precisione, è stata data dal Lausberg, §§ 70 sgg. Nella zona in questione vale in sostanza il seguente sistema, anch’esso a tre gradi (Sistema C)(1):



(1) Lo sviluppo vocalico in questione è valido soltanto per la posizione in sillaba libera, perché in quella chiusa le vocali chiuse sono diventate aperte per abbreviamento.


§ 1. Il sistema vocalico del latino volgare.

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Testo online in OS.
1.

Il sistema vocalico del latino volgare

Nel periodo classico il sistema vocalico del latino volgare consisteva, prescindendo dai dittonghi, di cui tratteremo più avanti, nel seguente sistema di tre gradi:
Ma già all’inizio della nostra era si pervenne a una rottura delle antiche opposizioni di quantità, per cui si sviluppò un nuovo sistema vocalico, nel quale è fondamentale non la quantità, bensì la qualità della vocale. In seguito a tale sviluppo si ebbero i suoni aperti dalle antiche vocali brevi e i suoni chiusi dalle antiche vocali lunghe. Il sistema vocalico del latino volgare viene dunque a consistere nei seguenti cinque gradi:
Questo sistema vocalico esiste però solo in teoria, perché in realtà fin dalla dissoluzione delle antiche condizioni di quantità (e in parte già anche prima) si pervenne a una coincidenza di diverse vocali fra loro, vale a dire ad una eliminazione di distinzioni fra gradi vocalici affini o contigui. Nella lingua popolare di Roma, che durante i primi secoli del latino volgare esercitò un’influenza determinante sul sermo quotidianus delle Province, avvenne una semplificazione del nuovo sistema vocalico a cinque gradi, di modo che l’antica ĭ e l’antica ē si fusero nella forma , e le antiche ŭ ed ō nella forma . Abbiamo pertanto un sistema vocalico a quattro gradi (Sistema A), che si compone delle seguenti sette vocali:
ed è valido non soltanto per la maggior parte dell’Italia, bensì anche per il gallo-romanzo, le lingue neolatine della penisola iberica e il ladino: cfr. l’italiano
 Possiamo perciò chiamarlo il sistema vocalico del latino volgare. 


(1) Per la differenziazione dei diversi sistemi vocalici nel latino volgare, cfr. particolarmente Lausberg, R. Sp. §§ 156-62.

Vol. III - Sintassi. Gerhard Rohlfs: grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. - Homepage.

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Gerhard Rohlfs
GRAMMATICA STORICA DELLA LINGUA ITALIANA E DEI SUOI DIALETTI
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Vol. II: Morfologia.
Vol. III: Sintassi e formazione delle parole.
Torino 1969.


VOLUME TERZO
SINTASSI E FORMAZIONE DELLE PAROLE.


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GRAMMATICA STORICA DELLA LINGUA ITALIANA E DEI SUOI DIALETTI
Tratto da Internet Archive
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Vol. I: Fonetica.
Vol. II: Morfologia.
Vol. III: Sintassi e formazione delle parole.
Torino 1969.


VOLUME SECONDO
MORFOLOGIA


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GRAMMATICA STORICA DELLA LINGUA ITALIANA E DEI SUOI DIALETTI
Tratto da Internet Archive
Collection Open Source.
Vol. I: Fonetica. → § 1.
Vol. II: Morfologia.
Vol. III: Sintassi e formazione delle parole.
Torino 1969.


VOLUME PRIMO
FONETICA



Prefazione all'edizione italiana



Il testo dell'edizione originale tedesca è stato accuratamente rivedu-
to in occasione di questa nuova edizione italiana; nella quale si è tenuto
conto dell'ulteriore progresso verificatosi nella conoscenza scientìfica
dei singoli problemi. Fra le moltissime recensioni di questa grammatica
mi è grato citare particolarmente i seguenti autori i quali con correzio-
ni e aggiunte, nonché con discussioni approfondite ed interessanti sug-
gerimenti hanno contribuito a rendere questa nuova edizione più per-
fetta: G. Bonfante in « Symposium », voi. VI, pp. 391-99, voi. IX, pp.
154-60; G. Bottiglioni in «Convivium», 1951, pp. 443-48; J. Briìch
in «Romanische Forschungen », voi. 65, pp. 436-58; J. Corominas in
«NuevaRev. defil. hisp. »,X, 137 sgg.; R. A. Hall in « Italica », voi. 28,
pp. 216-23 e * Language», voi. 31, pp. 254-58; H. Lausberg in « Zeit-
schrift fùr romanische Philologie», voi. 67, pp. 319-32; C. Margueron
in « Archiv fiir das Studium der neueren Sprachen», voi. 188, pp. 191-
192, voi. 189, pp. 282-83, voi. 191, pp. 250-52; B. Migliorini in «Lin-
gua Nostra », X, p. 75, XII, p. 55, XV, p. 94; M. A. Pei in «Erasmus »,
voi. 9, pp. 535 sgg.; V, Pisani in «Paideia», voi. 6, pp. 57-66; H.
Schmeckin « Zeitschrift fùr romanische Philologie», voi. 70, pp. 73-85;
F. Schiìrr in ■« Romanist. Jahrbuch », voi. 4, pp. 429-34, voi. 5, pp. 358-
362. Devo porgere, finalmente, i più vivi ringraziamenti ai professori
Gianfranco Contini, Temistocle Franceschi e Ghino Ghinassi, che han-
no voluto gentilmente accompagnare la stampa di questa edizione con
preziose osservazioni e utili suggerimenti, di cui volentieri mi sono ser-
vito.

L'autore da parte sua ha continuato ad occuparsi della lingua italiana
e dei dialetti della penisola, la qual cosa ha permesso di arricchire molti
paragrafi di interessanti dettagli, come pure di fissare meglio parecchi
punti di vista e di esprimere nuove cognizioni.



xx Prefazione all'edizione italiana



Desidero inoltre ringraziare sinceramente i tre traduttori che si sono
divisi l'opera della traduzione italiana (Salvatore Persidiino, Temistocle
Franceschi e Maria Caciagli Fancelli), della premura e dell'attenzione con
cui hanno svolto il compito che dalla casa editrice Einaudi fu loro affi-
dato.

Non mi sembra inutile aggiungere una specie di profession de fot. In
questa grammatica l'autore ha tentato di concertare il metodo storico
con il metodo geografico e con la rappresentazione descrittiva, associan-
do cosi, in quanto fosse possìbile, la linguistica diacronica (cioè evolutiva
e storica) alla linguistica sincronica, cercando di dare una trattazione dei
fenomeni il più possibile chiara e sistematica. Questa grammatica vuol
essere principalmente « a naturaliste history of Italian » (Leo Spitzer),
dando « a full documentation from ali stages of the Iiterary language and
from the dialects » (Robert A. Hall).

L'autore, tuttavia, si rende conto che nello studio scientifico di una
lingua possono essere adoperati anche altri metodi utili ad allargare il
campo delle conoscenze: oltre all'analisi psicologica, e a una concezione
sociologica, si potranno prender cosi in considerazione lo standard lan-
guage, o certi aspetti della linguistica strutturale. Per ragioni compren-
sibili (data la mole immensa e assai disuguale, nel tempo e nello spazio,
dei materiali qui riuniti) dobbiamo lasciare tali possibilità dì approach
ad altri studiosi che non mancheranno nelle nuove generazioni, pronte a
continuare e a perfezionare il lavoro dei loro maestri.

Est modus in rebus: sunt certi denique fines!

G. R.

Settembre 1966.



Prefazione



È passato mezzo secolo dalla pubblicazione della Italienische Gram-
matik del Meyer-Lubke. Nel 1890, quando tale grammatica venne pre-
sentata agli studiosi di romanistica, dovette ben essere considerata un
gran lavoro. Essa infatti, prendendo in considerazione l'intera area ita-
liana, con la varietà degli sviluppi dialettali di epoca antica e moderna,
era il tentativo di scrivere una grammatica storica quale allora (con tale
vastità d'intenti) ancora non esisteva per nessun'altra lingua romanza.
Anche oggi, d'altronde, ne esiste appena un altro esempio. Con ragione
poteva perciò il Salvioni indicare quella grammatica come « un'opera
che offre agli studj dialettali dell'avvenire una base larga e solida da cui
prender le mosse » '. Tuttavia, insieme a molte cose eccellenti, la gram-
matica di Meyer-Lubke conteneva certe idee e vedute (per esempio, quel-
le sul differente sviluppo delle consonanti intervocaliche prima e dopo
l'accento) che ad un più accurato esame si sono dimostrate errate. La
grande autorità del maestro ha portato come conseguenza che anche alcu-
ni concetti, i quali oggi possono essere con sicurezza indicati come fallaci,
venissero difesi scientificamente più a lungo di quanto non sarebbe stato
possibile in altri casi. Tutto sommato, però, in seguito allo sviluppo de-
gli studi linguistici italiani, particolarmente di quelli dialettali, grazie al-
la scuola fondata dall'Ascoli, si sono conseguite dal 1890 in poi nuove
conoscenze linguistiche talmente significative, che ormai già da qualche
tempo una ricapitolazione convenientemente aggiornata del nuovo sta-
dio delle ricerche è divenuta una vera necessità.

Nel 1925, quando mi fu fatta per la prima volta da parte di Karl Vo-
retzsch la proposta di scrivere una grammatica scientifica dell'italiano
per la raccolta « Kurze Lehrbiicher der romanischen Sprachen und Lite-

1 «Kriiischet Jahresbericht ùber die Fortschritre der romanischen Philologie», annaia 10.



xxit Prefazione



raturen », da lui diretta presso l'editore Niemeyer (Halle), non mi sen-
tii ancora sufficientemente preparato per un tale compito. Inoltre sen-
tivo chiaramente che ì'Italienìscbe Sprachatlas dei romanisti svizzeri
Karl Jaberg e Jakob Jud - che allora si trovava ancora in preparazio-
ne - doveva creare una situazione scientifica completamente nuova per
la Italienische Grammatìk. Lo Sprach- uni Sachatlas ìtdiens und der
Sudscbweiz (AIS) è ora terminato. L'orientamento sui confini di deter-
minati fatti linguistici, sulle relazioni fra questo e quel fenomeno, sul-
l'azione delle forze linguistiche nelle singole zone dialettali, finora cosi
difficile, è stato sostanzialmente facilitato dalla pubblicazione dell'a-
tlante, e la nostra conoscenza di tutta quella materia infinitamente ar-
ricchita. Le nuove cognizioni offerte da quest'opera per la critica della
lingua letteraria, del toscano e della complessiva struttura dialettale
della penisola sono tanto importanti, che un'ulteriore dilazione della
grammatica, di cui c'è urgente bisogno, non è più scientificamente giu-
stificabile. Cosicché, dopo avere già precedentemente eseguito alcuni
lavori preparatori, quest'opera è stata seriamente intrapresa, a partire
dal 1940. Dopo i numerosi viaggi nell'Italia meridionale (1921-39), mi
è stato possibile negli anni 1940-42 conoscere più profondamente anche
la Toscana e l'Umbria, e farmi un quadro personale della situazione lin-
guistica colà esistente; contemporaneamente ho avuto la possibilità, in
questi anni, di prestare particolare attenzione al tipo linguistico còrso
e alle relazioni fra la Corsica e la terraferma.

Nella grammatica di Meyer-Lùbke la sintassi non è trattata, ed an-
che in saggi linguistici italiani più recenti essa viene trattata assai di ra-
do: una tale lacuna della Italienische Grammatìk poteva sinora essere
colmata fino a un certo punto col ricco materiale contenuto nel Lebr-
bucb der italienischen Sprache {Berlin 1878) del Vockeradt (s'intende
però, senza prendere in considerazione. i dialetti). Questo Lebrbuch ha
prestato all'autore pregevoli servizi, come raccolta di materiale, duran-
te la redazione della sintassi; molto utile gli è stata anche La lingua na-
zionale del Migliorini (Firenze 1941).

La presente grammatica è concepita in modo da trattare dettagliata-
mente, a fianco della lingua letteraria e del toscano, anche i dialetti del
Nord e del Sud, seguendo sotto questo aspetto la grande concezione che
già informò quella del Meyer-Lùbke. In ogni caso, nella trattazione del-
le singole questioni vengono presi in esame prima di tutto la lingua
letteraria e il toscano, e quindi (quand'è necessario) la rimanente Italia



Prefazione xxni



centrale; segue poi l'esame della situazione linguistica nell'Italia setten-
trionale e in quella meridionale. Per quanto riguarda la Corsica, quando
al tipo linguistico dell'isola non c'era da dedicare una trattazione parti-
colare, se ne è parlato o insieme col dialetto toscano o insieme con l'Ita-
lia meridionale, secondo i corrispondenti rapporti linguistici '.

Se la grammatica del Meyer-Lùbke era principalmente basata, come
fonti da lui utilizzate, sui testi antichi pubblicati fino ad allora e soprat-
tutto sui Parlari italiani in Certaldo di Papanti, oltre alle ricerche dialet-
tali che erano ancora scarse, quest'opera ancora di più si è potuta ba-
sare sulle ricerche dialettali, che al giorno d'oggi sono a nostra disposi-
zione in quantità molto maggiore. In luogo dei materiali di Papanti, non
sempre attendibili, è stata ora ampiamente utilizzata la ricca fonte del-
lo Sprachatlas (AIS), al quale l'autore potè collaborare come esplora-
tore nell'Italia meridionale; a ciò si aggiungano le vaste inchieste per-
sonali che l'autore stesso ha potuto espletare durante i suoi viaggi in
Italia.

Il compito di questa grammatica non poteva essere quello di pren-
dere in considerazione tutte le fonti esistenti (particolarmente tutte
le numerosissime monografie dialettali): un tentativo del genere non
avrebbe dato come risultato altro che una « massa informe », nella quale
nessuno studioso si sarebbe potuto orizzontare; si trattava invece di
utilizzare le fonti in modo tale che tutti i fenomeni importanti delle sin-
gole zone e dei singoli dialetti venissero a presentarsi chiari ed evidenti.
E nemmeno poteva essere scopo di quest'opera registrare senza lacune
ogni singolo fenomeno di ciascun dialetto. SÌ è voluto invece dar risalto
alle grandi linee di sviluppo, ai fenomeni caratteristici e a quanto meri-
tava una particolare attenzione o nei riguardi dello sviluppo generale o
nei riguardi delle singole zone.

L'autore dedica la presente opera agli ideatori dell'atlante linguistico
italo-svizzero e ai colleghi esploratori, e desidera che ciò sia una espres-
sione e nello stesso tempo un ringraziamento di quanto egli e la sua gram-
matica debbono all'atlante stesso e ai suoi creatori e compilatori.

A chi cura questa collezione e all'editore svizzero esprimo U mio rin-
graziamento per la cortese ospitalità che, in tempi cosi difficili, offrono

1 La Sardegna resia fuori dalla cornice di questa grammatica, come pure i dialetti del Friuli e
delle Dolomiti, appartenenti al gruppo del ladino. Del pari non si sono trattati \ dialetti provenzali
e franco-provenzali del Piemonte occidentale.



xxiv Prefazione



ad uno studioso tedesco: io saluto questo gesto come un bel segno di
una nuova collabora2ione spirituale europea.

Aquest bon libre es fenitz,
Dieus en sia totz temps grazits!

G. R.

Dicembre 1946.



Elenco delle fonti del primo volume



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pubblicato da Gino Bottiglioni, Pisa 1933-1939.
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Elenco delle fonti del primo volume



XXVII



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D'Ovidio

DTC

Ducibella

Duraffour
Elwert
Ewald

Festschrift Jud
FEW
FI

Finamore, Gessopalena
Finamore, Lanciano
Folli

Freund

Gamillscheg, Rom. Germ.

Gìannini-Nieri
Glotta
Goidànich
Gysling
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Imbriani, Conti
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xxviii Elenco delle fonti del primo volume



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Keller
L

Labande-Jeanroy

Lausberg

Lausberg, R. Sp.

LB

Lindsay

LN
Lorck

Lutta

Malagoli
Marcaggi

Mazza tinti

Melillo
Mengel

Merlo

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Elenco delle fonti del primo volume



XXIX



Michael
Michel
Monaci
Mussafia, Beitr.

Navone
Nerucci

Ne cucci, Saggio

Neuman n-Spall ar t

Nicchiarelli

Nkolet

Nieri
Norreri

O

Pana reo
Papantì

Pavia

Piazza

Pieri
Pieri, Vers.

Pitré

R
RDR



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XXXI



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1



Elenco delle abbreviazioni del primo volume



abr.


abruzzese


ant.


antico


ar.


arabo


aret.


aretino


bar.


barese


bov.


greco di Bova


cai.


calabrese


camp.


campano


cat.


catalano


celt.


celtico


class.


classico


elb.


elbano


emil.


emiliano


frane.


francese


fior.


fiorentino


gali.


gallico


germ.


germanico


gr-


greco


guasc.


guascone


ingl.


inglese


isti.


istriano


it.


italiano


lat.


latino


lett.


letterario


lig.


ligure


logud.


logudorese (Sardegna settentrionale)


lomb.


lombardo


long.


longobardo



xxxiv Elenco delle abbreviazioni del primo volume

lue. lucano

lucch. lucchese

lunig. lunigiano (Toscana nord-occidentale)

merid. meridionale

mil. milanese

n. numero

nap. napoletano

ose. osco

pav. pavese

perug. perugino

piem. piemontese

pi. plurale

port. portoghese

p. p. participio passato

provenz. provenzale

regg. reggino

rovig. rovigotto

romagn. romagnolo

roman. romanesco

salent. salentino

salern. salernitano

sen. senese

sett. settentrionale

sic. siciliano

sing. singolare

spagn. spagnolo

tarant. tarantino

ted. tedesco

tose, toscano

triest. triestino

umbr. umbro

ven. veneziano (in senso lato)

volg. volgare



* forme non documentate (solo ricostruite)

< proveniente da

> che diventa

: rapporto



Trascrizione fonetica



In questa Grammatica si è cercato di far uso di segni fonetici particolari sol-
tanto nei casi in cui un suono non poteva essere reso con i normali mezzi ortografici
della lingua italiana letteraria. Tutte le forme linguistiche citate nella Grammatica
tono quindi da leggersi alla maniera italiana Dove ciò non è stato possibile (ov-
vero allo scopo di dare una rappresentazione fonetica più chiara), si sono adoperati
ì seguenti segni:

e, p suoni chiusi (spesso indicati anche con e, ó)

e, g suoni aperti (spesso indicati anche con è, b)

ti u del francese mur

ó (p, p) eu francese in neveu o in fteur, rispettivamente

a suono intermedio tra a aperta ed e aperta

à suono intermedio tra a ed o

à suono intermedio tra a nasalizzata ed 6 nasalizzata (suono me-
diolinguale, cioè « Mittelzungenvokal »)

2, é, t vocali nasalizzate

j, « r ed « semiconsonantiche (it. noia, guarire)

9 suono di e indistinta, debolmente articolata (come nel francese
brebis)

P fricativa bilabiale (spagn. babà)
è affricata prepalatale sorda (tose, un ceppo)
e affricata mediopalatale sorda (simile al suono iniziale di chiamo
: ='camo)

8 fricativa interdentale sonora (spagn. cada)

d, t, l, r suoni cacuminali (con la lingua in posizione retroversa ovvero
invertita)

). £ i/ palatalizzata

j* affricata prepalatale sonora (tose, un gelso)
< g affricata mediopalatale sonora (simile al suono iniziale di ghian-

p da = 'ganda)

t

•'■ ' Le forme prese dai testi antichi sono stale naturalmente conservate nella lezione manoscritta
eiempio l'antico milanese vegù 'veduto').



XXXVI



Trascrizione fonetica



Y


fricativa velare sonora (spagn. lago)


è


occlusiva velare sonora come in gamba (usata soltanto in posi-




zione precedente e oppure i, per evitare equivoci)


b


b aspirata [ted. Hase)


b-


fricativa velare sorda {ted. macheti)


f


i consonantica (sic. iardinu)


k


c in cane


i


l palatale (tose, figlio): cfr. sotto


n


n palatale (tose, vigna): cfr. sotto


n


» velare (tose, vengo)


f


r velare


P


r debolmente vibrata (in Liguria)


f


fricativa prepalatale sorda (tose, scena)


i


s sonora (tose, chiesa)


t'


t palatalizzata


w


« consonantica (w inglese)


z


ts — affricata sorda (it. zoppo)


z


t& = affricata sonora (it. zelo)


z


fricativa prepalatale sonora (simile a g di stagione nella pronun-




cia toscana; cfr. il francese journal)




j bilabiale


X


eh nel tedesco settentrionale ich, greco x'^ l °i


ì>


fricativa interdentale sorda(spagn. cena, greco moderno &Epu,óe).



La trascrizione i e « (suoni palatali) vale spesso, almeno per l'Italia peninsulate,
come suono intenso, trascritto in Italia generalmente #e «k.

Nei testi antichi dell'Italia settentrionale, f ha il valore di una moderna z, po-
tendo cosi rappresentare tanto la sorda (ant. mil. lialtanca) quanto la sonora (li
cudei). In tali testi antichi è molto ineguale il valore del segno x: esso rappresenta
ora una s, ora una s, ora una ì ovvero una i. Nel veneziano moderno il segno x,
quando è adoperato in alcune forme del verbo 'essere* (per esempio eia xe 'ella è',
/; te xe 'tu sei'), ha il valore di una s sonora. Nei testi siciliani antichi (fino al xvi
secolo) eh ha a volte il valore di eh spagnolo (macho), per esempio cbentu = ceniti,
palchi = pulci, a volte il valore di kj, per esempio cbuppu = chiuppu, chanta =
chiarita.



Accentazione: Quando sono sprovviste di accento grafico, le parole dialet-
tali citate nella nostra Grammatica debbono intendersi piane; in caso contrario, la
vocale tonica è stata segnata con un accento grafico. Di tale accento grafico distintivo
della tonica non si è fatto generalmente uso nelle parole della lingua letteraria.
Quando una parola ha due accenti, quello principale è stato indicato con ', quello
secondario con " .