lunedì, marzo 30, 2009

I Caracciolo in oltre 1000 anni di storia: d) Glossario dei termini giuridici e istituzionali inusuali.

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In 1000 anni di storia il mondo ha subito non pochi mutamenti, anche se in un certo senso si può sostenere, per dirla con Nietzsche, che si tratta in fondo sempre del ritorno dell’identico e la storia abbia un andamento ciclico. Esistono però tanti termini e istituti oggi desueti, che occorre conoscere per avere un’esatta percezione dell’epoca e di quanto nel tempo ha mutato di forma. Verranno qui registrati i termini che ci sembrano bisognosi di chiarimento via via che li incontriamo. Dobbiamo chiaramente attingere a fonti, ma di un significato polisenso noi cercheremo di circoscriverne l’ambito semantico al nostro specifico contesto. Indicheremo le fonti di cui ci avvarremo o con un link diretto o nei modi che parranno più opportuni. Assolutamente non è nel nostro stile attingere ad altri senza dichiararne il debito di conoscenza. Ci scusiamo per quelle volte in cui potrà sfuggirci l’indicazione della fonte. Per ragioni stilistiche non sempre potremo indicare fra virgoletti i testi che in tutto o in parte, magari con lieve modifica, vengono da noi riprodotti. Infatti, pur attingendo, i testi hanno spesso parti che non sono di nostro interesse, mentre le virgolette denotano una citazione testuale.

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Connestabile. – Fu connestabile e giudice di Napoli un Giovanni Caracciolo Rosso morto dopo il 1167. Il connestabile era in origine durante il Basso impero romano e in alcuni regni romano-barbarici colui che sovrintendeva alle scuderie del sovrano. In seguito, in molte monarchie europee medievali e dell’età moderna, il titolo di connestabile o gran connestabile viene attribuito ad un alto dignitario con funzioni militari, al quale era generalmente affidato il comando in capo della cavalleria o – come in Francia e nel regno di Napoli e di Sicilia – dell’intero esercito (Wikipedia).
Feudo. – Il feudo è nella sua essenza un beneficio. L’istituto ha tuttava una sua evoluzione nel tempo e nello spazio. Qui ne traiamo una sintesi da un volume della Treccani dedicato al periodo di Federico II. Associata all’idea di befeficio e di feudo è l’idea di vassallaggio e di un giuramento di fedeltà. Dal beneficio derivava al suo possessore un vero e proprio reddito. Prima del XII secolo il beneficio e il feudo erano pensati come una sorta di corrispettivo per un servizio in genere di natura militare. Anche qui vi erano gli istituti connessi della fidelitas, del dominus, del vassallo o vassus. Si passa però dall’idea di un corrispettivo connesso a un fare alla diversa idea di alla munifica disponibilità alla concessione di un beneficio da parte di un dominus, accompagnata da fidelitas. In altre parole si passa presto all’idea di un privilegio ereditario, che può essere revocato in caso di demerito con o senza prova della colpa.
Nobiltà. – Attingo alla pagine iniziali del Settecento calabrese di Franz von Lobstein, che inizia la sua opera osservando che linguisticamente e concettualmente “nobiltà” viene da “notabilità”. Si chiede se ancora oggi sia possibile conseguire la “notabilità” e quindi anche la “nobiltà”. Per la seconda è più difficile in quanto insieme con i troni vanno scomparendo le “fontes honorum”. L’Autore distingue poi fra nobiltà “di privilegio” che è conferita ad una sola persona e nobiltà “generosa” quando in una stessa famiglia per tre discendenti di seguito si consegue una determinata dignità: diventa in tal modo ereditaria. L’Autore si basa su costumanze del passato per inferirne su presente e con particolare riferimento agli ordine cavallereschi ancora esistenti, in primis quello di Malta.

domenica, marzo 29, 2009

I Caracciolo in oltre 1000 anni di storia: c) Dizionario dei Toponimi.

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In questo post la storia diventa geografia. I Caracciolo abitarono molti luoghi, in prevalenza nell’Italia meridionale, ma in molte città grandi e piccole, lasciando segni tangibili della loro presenza. Studiandone le orme, ciò che potrebbe sembrare un arido elenco genealogico acquista umanità non di rado interessando l’arte, la musica, la letteratura, la scienza, la religione, la spiritualità. Viene redatto un elenco alfabetico dei Toponimi, appena questi risultano associati ad un nome di persona, ad un titolo, ad un feudo. Di ogni luogo tenteremo di ricostruire la storia sociale, economica, culturale.

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Montemarano. – Era di Montemarano la contessa Marotta, sposa di Riccardo Caracciolo detto “Rosso”, che fu capostipite dei Caracciolo Rossi. Marotta era figlia ed erede di Landolfo Conte di Monterano. Riccardo acquisì per matrimonio il titolo e il feudo di Conte di Monterarano che trasmise ai suoi eredi. Il comune di Montemarano si trova oggi in provincia di Avellino ed ha una superficie eguale a quella del comune di Seminara, in Calabria, cioè di 33 kmq, ed ha pure un eguale numero di abitanti, cioè circa 3.000.
Pisciotta. – Era figlia dei Signori di Pisciotta una Sibilla Copella, andata sposa a Landolfo Caracciolo, conte di Montemarano. I Caracciolo ebbero a più riprese il feudo di Pisciotta.

sabato, marzo 28, 2009

I Caracciolo in oltre 1000 anni di storia: b) Cronologia

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In questo distinto post, necessaria integrazione del Dizionario, viene redatta una Cronologia di date attinte tutte dal Dizionario stesso. Non è una genealogia, ma dalla successione cronologia delle date di nascita e di morte dei singoli personaggi, nonché degli eventi che li riguardano direttamente, si potrà avere – confido – un quadro unitario di persone che all’inizio della nostra ricerca hanno per noi in comune solo il cognome. Per questa via non escludo che possano scoprirsi tracce di una comune storia familiare. Non mi sono note storie redatte con questa ottica di “storia familiare”. È probabile che siano nascoste in Platee e documenti inediti. Per chi ne abbia interesse potrà essere un’affascinante ricerca, che per ovvie ragioni richiede un concorso collettivo di ricercatori.

X Secolo

941. – Alcune fonti genealogiche collocano intorno a quest’epoca l’anno di nascita di Teodoro Caracciolo, morto a 35 anni, patrizio napoletano da cui discendono tutti i rami dei Caracciolo.
947. – Nasce Urania, moglie di Teodoro Caracciolo.
976. – Anno di morte di Teodoro Caracciolo, capostipide della famiglia Caracciolo.

XI Secolo

20 novembre 1010. – Dopo questa data le fonti genealogiche indicano l’anno di morte di Gregorio Caracciolo, figlio di Teodoro e Urania. È incerta la parentela, ma non il cognome.

XII Secolo

1139. – Gregorio Caracciolo, figlio di Giovanni, marito di Sichelgarda, morì in un monastero agli inizi del 1139.

XIII Secolo

1255. – Muore in quest’anno Berardo Caracciolo, che le antiche fonti dicono Cardinale fin dal dicembre 1244, ma la notizia è senza fondamento.

XIV Secolo

1305-07. – È in questi anni che Fra Landolfo Caracciolo indossè l’abito francescano.
1310-1316. – Fra Landolfo Caracciolo fu professore dello Studio Teologico di San Lorenzo Maggiore, istituendovi la prima Cattedra Scotista del Mezzogiorno d’Italia e illustrando la dottrina del maestro Giovanni Duns Scoto.
1314. – Nel 1314, in qualità di nunzio speciale e protonotaro Fra Landolfo Caracciolo ebbe l’incarico di compiere gli atti per la celebrazione del matrimonio di Beatrice, primogenita del re di Napoli Carlo II lo Zoppo.
1351. – Muore ad Amalfi fra Landolfo Caracciolo, di cui non si conosce l’anno della nascita.

XV Secolo

Aprile 1469. – Un canonico di nome Luigi Caracciolo viene nominato vescovo di Potenza. (Fonte).
1472. – Luigi Caracciolo, vescovo di Potenza, tiene un sinodo. (Fonte).

XVI
Secolo


13 ottobre 1563. – S. Francesco Caracciolo, discendente da una famiglia principesca, nacque nel feudo paterno a Villa Santa Maria (Chieti). (Fonte)
1° luglio 1588. – Da papa Sisto V viene approvato con il nome di Chierici Regolari Minori l’ordine fondato da san Francesco Caracciolo insieme con il Ven. Agostino Adorno e Fabrizio Caracciolo. (Fonte)

XVII Secolo

4 giugno 1608. – A soli 44 anni muore ad Agnone San Francesco Caracciolo. (Fonte).

XVIII Secolo

18 gennaio 1752. – Nasce a Napoli il Francesco Caracciolo che diverrà Ufficiale della Regia Marina di Napoli e sarà protagonista della rivoluzione partenopea del 1799.
1769. – San Francesco nel 1769 è beatificato da Clemente XIV. (Fonte
28 giugno 1799. – Muore giustiziato Francesco Caracciolo, già Ufficiale della marina borbonica e partecipe dei moti rivoluzionari del 1799.

XIX Secolo

1807. – San Francesco Caracciolo è santificato da Pio VII. (Fonte)

XX Secolo

1925. – Nel 1925 i Vescovi abruzzesi scelgono San Francesco Caracciolo come Patrono dei Congressi eucaristici e di tutto il movimento eucaristico della Regione Abruzzo. (Fonte)
26 marzo 1996. – Per la riconosciuta professionalità nell’arte culinaria dei cuochi di Villa Santa Maria, le cui origini si fanno risalire alla famiglia Caracciolo, dopo una consolidata venerazione del Santo da parte dei cuochi villesi e italiani, con la richiesta della Federazione Italiana Cuochi e con l’approvazione della Conferenza Episcopale Italiana, la Santa Sede dichiara San Francesco Caracciolo Patrono dei Cuochi d’Italia.

I Caracciolo in oltre 1000 anni di storia: a) Dizionario alfabetico delle persone.


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Versione 1.2
Status: 31.3.09
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L’occasione di questa ricerca sui Caracciolo mi è data dalla reiterata insistenza in cui mi vengono attribuite radici ebraiche. Preciso subito che questa non sarebbe per me un’onta. Non cambierebbero le mie attuali posizioni nella critica alla politica israeliana, alla ferma condanna della pulizia etnica in Palestina, non diversamente da come fa uno storico certamente ebreo e israeliano come Ilan Pappe. Per non parlare poi dei tanti intellettuali ebrei con i quali concordo in tutto o in parte. Per citarne alcuni: Israel Shamir, Shlomo Sand, Avraham Burg ed altri il cui pensier vado conoscendo nel tempo in cui dura questa occupazione con tematiche mediorientali e soprattutto con la grave minaccia alla libertà di pensiero e di ricerca che si nascondono dietro polemiche come la Shoah, la beatificazione di Pio XII, il caso Williamson, il concilio Vaticano II e simili. Per tornare ai Caracciolo a me non risulta in nessun modo che siano di origini ebraiche, ma questa tesi – sostenuta da ebrei in polemica con le mie citate posizioni – è nondimeno una magnifica occasione di studio e di ricerca su tutta la storia dei Caracciolo. Non ci avrei mai pensato se non mi fosse giunta questa provocazione. La mia personale genealogia per parte di padre si ferma con una nascita nel 1805 in Sinopoli, quando gli archivi si interrompono e non sono più accessibili. Sono nato nella vicina Seminara al pari dei miei prossimi antenati. In Seminara il cognome Caracciolo lo si trova documentato fin dal 1313 (Caracciolo detti Viola), ma non è mai venuta nelle mie ricerche nessuna connessione con gli ebrei. Considerando il caso di san Francesco Caracciolo dichiarato patrono dei cuochi d’Italia per la riconosciuta arte culinaria dei Caracciolo mi chiedo se per caso anche la cucina italiana non discenda dalla cucina ebraica. Non avevo mai voluto affrontare una genealogia generale o una storia dei Caracciolo perché non ne trovavo una ragionevole motivazione. Infatti, non sono alla ricerca di titoli nobiliari o di illustri ascendenze in linea retta, ma anche da un punto di vista storica la ricerca è di ampio respiro e di difficile ordinamento. Sono però adesso mutate le condizioni e spero di potermi avvalere di una “Community dei Caracciolo”, sparsa per il mondo, spontamente e volentieri raccoltasi attraverso il gioco “Facebook”. Su di loro conto nella veste di “ricercatori” che sappiano lavorare secondo un progetto che mi assumo l’onere di definire e coordinare. Le notizie che seguono vengono raccolte il schede biografiche attinte dalle fonti più disparare, che vengono poi indicate alla fine della voce. Fonti diverse possono da me essere integrate e fuse, dando vita ad una mia scheda originale. Per una genealogia generale dei Caracciolo si rinvia al Libro d’Oro della Nobiltà Mediterranea. Questo nostro post ha qui carattero storico-biografico e sociale, non strettamente genealogico. Aggiungo che per me sono dei Caracciolo tutti quanti portano questo cognome per nascita. Non mi pongo il problema dei “naturali”, dei servi che assumevano il cognome dei padroni, dei battezzati che assumevano un cognome cristiano, o dei nobili caduti in digrazia ed impoveriti. Nella redazione progressiva di questo Dizionario verranno perciò compresi tutti i nomi e le notizie che si trovano nella Genealogia di Ambrogino Caracciolo, ma anche ogni altro nome di cui si riesce a ricostruire un minimo profilo. Le vicende umane di un contadino non hanno per noi meno senso di quelle di un vicerè o di un Pontefice: la loro umanità, fatta di sofferenza e di qualche momento felice, ci è più vicina. Percorrere la grande storia dei Caracciolo significa rivisitare la storia del mezzogiorno d’Italia con occhi diversi da quelli dei Manuali scolastici.
Abbreviazione: A1 = Ambrogino Caracciolo, Genealogia etc. Il numero dopo la lettera rinvia alla Tavola.

A

Ascanio Caracciolo. – Era il nome di battesimo di san Francesco Caracciolo (vedi), che ancora con il nome di Ascanio dimorava ed aveva recapito presso la Congregazione dei Bianchi della Giustizia, che si dedicava all’assistenza dei condannati a morte, presso la quale esercitava la stessa opera umanitaria un altro sacerdote con l’identico nome di Ascanio Caracciolo. Fonte: Piero Bargellini.

B

Bernardino Caracciolo. – Dottore in entrambe le leggi e perito nelle scienze mediche, Suddiacono Apostolico e Diacono, Arcivescovo di Napoli dal 10 gennaio 1252, Legato Pontificio nel luglio 1254, morì il 5 maggio 1262.

C
D
E

F

Fabrizio Caracciolo. – Della famiglia dei principi di Marsiconovo. Insieme con San Francesco Caracciolo ed Agostino Adorno fondò un nuovo ordine religioso per rispondere alle necessità della Chiesa dopo il Concilio di Trento. L’ordine con il nome di Chierici Regolari Minori fu riconosciuto il 10 luglio 1588 da papa Sisto v. (Fonte). Fabrizio era abate di S. Maria Maggiore di Napoli (Fonte: Piero Bargellini). || Al nome dell’abate Fabrizio di S. Angelo a Fasanella è legato un Sinodo tenutosi nel 1594. Questa Sinodo ha sue proprie peculiarità che sono state studiate da Adriana Di Leo, Il Sinodo inedito dell’abate Fabrizio Caracciolo di S. Angelo a Fasanella (1594), in AA.VV., Il Concilio di trento e il Mezzogiorno, 1988, vol. II, pp. 617-658. Leggendo gli atti del Sinodo Caracciolo, la figura del prete ideale non si discosta ovviamente dal modello "tridentino", così come si ritrova nella maggior parte delle costituzioni sinodali, ma in questo caso i comandi non hanno i soliti toni perentori, codicistici, rivelano invece un garbo e una accuratezza nella lingua, che è raro riscontrare nei testi sinodali, in più l'abate si dimostra tollerante verso il prete che per vivere deve darsi al lavoro dei campi: "E perciò comandamo che ogni prete, diacono e subdiacono, e clerico vadino in habbito e tonsura, con haver la corona in capo conveniente al suo grado, et ogni sacerdote habbi sempre tosato il labro soprano, acciò non li sia d'impedimento nella sumptione del Santissimo Sacramento, ordinamo de più che tutti tanto preti, quanto clerici, diaconi e subdiaconi portino veste lungha, con ferraiolo decente al decoro clericale, non usino cammise con fattuche, né al collo né alle maniche, né portino anelle nelle dita, salvo che per alcun grado o dignità se gli convenisse, e non vestino veste di seta, né altro colore che negro; mai si vegga alcuno né prete né clerico di qualsivoglia grado, armato, et in nessun tempo si veda ammascherato sotto pena di cinquanta carlini de Cammera e d'altre pene riservate ad nostro arbitrio". Il testo continua con il consueto ordine che i preti "non habbitino con donne suspette" e nemmeno "con donne non suspette e di buona fama, anchore che gli fussero parenti", con una singolare aggiunta che il prete dovesse essere di "buon esempio agli angioli, agli huomini et al mondo". Ancora si continuava con la descrizione di un prete che doveva astenersi dagli spettacoli teatrali, dal giuoco dei dadi, dalle crapule, e che conservasse la sua dignità nei confronti dei "signori temporali", astenendosi da "esercizi vili et particolarmente di farnosi condurre per operari con altri laici a far opere manuali, ma avendo riguardo alla loro povertà, ci contentamo che possano essercitare l'agricoltura, e di fatigarvi con le proprie mani, pur che non lascino il serviggio della Chiesa". Due raccomandazioni importanti, che ci rinviano l'una alla secolare preoccupazione dei vescovi che la "privatizza-zione" delle chiese ricettizie o di giuspatronato riducesse il clero ad una condizione servile; l'altra, che richiamava la più lontana lezione dei Santi Padri, di San Basilio che nelle sue Regole lunghe ammoniva: "Non dobbiamo ritenere perciò che scopo della vita di pietà sia la neghittosità pretestuosa o la fuga dal lavoro". Il problema, dunque, era sempre il medesimo: che nella ricerca dell'autonomia si evitasse il rischio della "privatizzazione" del clero, fenomeno che nel XVI secolo e fino al XVIII appariva ben strutturato nella vita del Mezzogiorno, con radici che risalivano all'età longobarda, quando i duchi con i loro popoli attestavano fedeltà e devozione religiosa, fondando chiese di cui rimanevano proprietari. A questa antica consuetudine il clero ricettizio faceva risalire le sue prerogative autonomistiche nei confronti del vescovo, prerogative che la Real Giurisdizione nel Regno aveva tutto l'interesse a sostenere. Il capitolo del Sinodo di Sant'Angelo a Fasanella, riguardante il De vita et honestate clericorum, si conclude con la vista del prete e del chierico, immerso nella lettura della vita dei Santi Padri, ed anche questo modo di esporre, che tende ad addolcire il linguaggio imperativo, perentorio della normativa tridentina, non è consueto: "Essortiamo tutti tanto preti quanto chierici, chiamati alla sorte del Signore che siano studiosi della scrittura sacra, havendo di continuo nelle mani le vite dei Santi Padri, quali voglino imitare a gloria di Sua Divina Maestà, tutti astretti a dir l'ufficio del Signore habbino il proprio Breviario, Missale, il Concilio tridentino o almeno il Cathechismo volgare (...)". Uniformità, dunque, dei sinodi, per i loro riferimenti normativi, ma varianti, disuguaglianze, accenti e linguaggi diversi non solo nella casistica, ma anche nei modi di svolgere i capitoli e di dare i "comandi": il che rinvia a un'altra ricerca, sulla cultura, sull'abito mentale, sulla provenienza del vescovo. Fonte: Gabriele De Rosa. || Fonti: Gabriele De Rosa; Santi e Beati;
San Francesco Caracciolo. – Nasce il 13 ottobre 1563 a Villa Santa Maria in provincia di Chieti. Morì in Agnone il 4 giugno 1608. Il nome di Francesco fu assunto con i voti religiosi, ma il suo nome di battesimo era Ascanio: vedi. All’età di 22 si trasferì a Napoli per completarvi gli studi teologici. Alla Fondazione dell’Ordine fu invitato dal genovese Agostino Adorno e da Fabrizio Caracciolo, abate di Santa Maria Maggiore di Napoli. All’eremo di Camaldoli Francesco scrisse la Regola, approvata nel 1588. Nel 1593 la piccola Congregazione tenne il suo primo capitolo generale e Francesco dovette accettare per obbedienza la carica di Preposto generale. Intanto, la congregazione approdava a Roma, alla chiesa di sant’Agnese in Piazza Navona. Scaduto il suo mandato, tornò in Spagna dov’era stato già nel 1593 e vi fondò una casa religiosa a Valladolid e un collegio ad Alcalà. Fu maestro dei novizi a Madrid e di nuovo preposto della casa di S. maria Maggiore di Napoli. || La nostra prima fonte così ci parla del santo: «S. Francesco Caracciolo, discendente da una famiglia principesca, nacque nel feudo paterno a Villa Santa Maria (Chieti) il 13 ottobre 1563. Guarito da una grave malattia, decise di rinunciare a tutti i suoi beni e titoli nobiliari per consacrarsi totalmente al servizio di Dio e degli uomini. Si recò a Napoli per studiare e diventare sacerdote, durante gli anni di questa preparazione coltivò un grande spirito di preghiera sostando spesso davanti al Santissimo Sacramento dell'Eucaristia e, per aiutare il prossimo, si iscrisse alla Compagnia dei Bianchi che aveva lo scopo di assistere gli infermi, i poveri, i carcerati e i condannati a morte.

San Francesco Caracciolo Patrono dei Cuochi d’Italia.
Quadro che si venera nella chiesa dei SS. Angeli Custodi a Roma,
opera di Romano Corradetti.


Dio guardava con particolare predilezione a questo suo servo e dispose, nei suoi disegni sapienti e provvidenziali, che fosse chiamato a fondare insieme al Ven. Agostino Adorno e Fabrizio Caracciolo un nuovo Ordine religioso per rispondere alle necessità della Chiesa dopo il Concilio di Trento. Insieme agli altri due, si ritirò nell'eremo di Camaldoli e qui, nella preghiera e nella riflessione, formulò le Regole per una nuova Famiglia religiosa: oltre alle finalità comuni degli altri Ordini e ai tre voti di castità, povertà e obbedienza, volle aggiungere il quarto voto di non ambire dignità ecclesiastiche e una dedizione particolare al culto divino incentrato nella devozione Eucaristica alimentata dalla Preghiera Circolare Continua. L'Ordine venne approvato dal Papa Sisto V il 1° luglio 1588 con il nome di Chierici Regolari Minori. Ottenuta l'approvazione, egli impiegò tutte le sue energie per la sua diffusione in Italia e in Spagna e molti, attratti dalla sua santità, si consacrarono al Signore in questa nuova Famiglia religiosa che ben presto si consolidò con la fondazione di numerose comunità. Sostenne le fatiche e anche le prove per la diffusione dell'Ordine con una profonda conversione interiore che si manifestava nella preghiera e adorazione di giorno e di notte, nella mortificazione, umiltà e allontanamento di tutto ciò che poteva sembrargli onore, per cui rinunciò all'Episcopato offertogli dal Sommo Pontefice e, dopo insistenti e appassionate suppliche, rinunciò anche alla carica di Superiore Generale. Insieme all'impegno per la diffusione dell'Ordine, ebbe grande zelo per la salvezza delle anime. La sua vita è un intreccio di episodi mirabili riconducibili all'intervento della grazia divina e a una autentica carità, per cui fu chiamato: il padre dei poveri, il predicatore dell'amore di Dio, l'uomo di bronzo, il cacciatore delle anime. Si distinse soprattutto per una intensa spiritualità Eucaristica. L'adorazione davanti al Tabernacolo fu la sua vita, ad essa dedicava il maggior tempo possibile, con edificante spirito di fede e devozione si preparava e celebrava la Santa Messa. Raggiunto il culmine della santità, a soli 44 anni, rese la sua anima al Signore in Agnone il 4 giugno 1608, nella vigilia del Corpus Domini, pronunciando le parole: "Andiamo, andiamo al cielo". Molti furono i prodigi operati per sua intercessione, fu beatificato da Clemente XIV nel 1769 e santificato da Pio VII nel 1807. Nel 1925 i Vescovi abruzzesi scelsero San Francesco Caracciolo come Patrono dei Congressi eucaristici e di tutto il movimento eucaristico della regione Abruzzo. Il 26 marzo 1996, per la riconosciuta professionalità nell'arte culinaria dei cuochi di Villa Santa Maria, le cui origini si fanno risalire alla famiglia Caracciolo, dopo una consolidata venerazione del Santo da parte dei cuochi villesi e italiani, con la richiesta della Federazione Italiana Cuochi e con l'approvazione della Conferenza Episcopale Italiana, la Santa Sede ha dichiarato San Francesco Caracciolo». Non lo sapevo, ma san Francesco è il patrono dei cuochi d’Italia. || Fonti: Bravocook Made in Italy; Santi e Beati;
Francesco Caracciolo. – Nasce a Napoli il 18 gennaio 1752, muore in Napoli il 28 giugno 1799. || Per ragioni scolastiche è forse il più noto dei Caracciolo, essendo stato impiccato da Nelson a conclusione della sventurata rivoluzione partenopea del 1799. Riporto da Wikipedia, il cui testo mi riservo di rimaneggiare integrando con altre Fonti: «Sin da giovanissimo fu avviato alla carriera marinara, rivelandosi ben presto, per le sue qualità umane e militari, valente ufficiale della Regia Marina del Regno di Napoli. Il potenziamento della marina in atto in quegli anni ad opera del nobile inglese Giovanni Acton giunto a Napoli al servizio del sovrano Ferdinando IV di Borbone, portò Caracciolo nei massimi ranghi della flotta, dopo un periodo di pratica sul vascello inglese "Malborough". Nel 1782 divenne tenente di vascello, mentre l'anno successivo era già capitano di fregata a combattere i pirati del Mar Mediterraneo, prendendo parte nel 1793 alla battaglia di Tolone. Nel dicembre del 1798 scortò con la sua fregata, la Sannita, il convoglio navale guidato dall'ammiraglio Nelson che trasportava re Ferdinando e la consorte Maria Carolina, in fuga verso Palermo per l'arrivo delle truppe francesi a Napoli. Nel 1799, autorizzato dal re, rientrò a Napoli per attendere ai suoi affari personali, in una città in cui persino le classi aristocratiche sembravano infatuate dai nuovi ideali rivoluzionari portati dai francesi; egli stesso iniziò a simpatizzare per quelle idee. Con l'approssimarsi della restaurazione borbonica Caracciolo combatté contro la stessa flotta reale, di ritorno a Napoli per scacciarvi i francesi, colpendo fra l'altro la nave Minerva guidata dall'ammiraglio inglese Thurn. Il suo successivo tentativo di fuga fallì e, il 29 giugno 1799, fu arrestato e condotto sulla nave di Nelson, il Foudroyant; la condanna a morte fu eseguita il 30 giugno e il corpo dell'ammiraglio fu appeso alla chiglia della Minerva e quindi gettato in mare; l'esecuzione di Caracciolo resta un'onta sulla brillante personalità dell'ammiraglio Nelson[1]. Le esequie di Caracciolo furono celebrate nella Chiesa di Santa Maria della Catena nel quartiere napoletano di Santa Lucia, dove un epitaffio, posto nel 1881, lo ricorda». – Fonti: Wikipedia.

G

Giovanni Caracciolo. – Figlio di Landolfo, figlio di Pietro, figlio di Teodoro (†976) e Urania.
Gregorio Caracciolo. – Figlio di Giovanni, marito di Sichelgarda, morì in un monastero agli inizi del 1139.

I

L

Fra Landolfo Caracciolo. – Trovo questa scheda che riporto integralmente: «Non si conosce con esattezza l’anno di nascita di Landolfo Caracciolo, né è possibile reperire notizie precise sulla sua infanzia e sulla sua formazione giovanile. Indossato l’abito francescano, tra il 1305 e il 1307, su sollecitazione dell’Ordine, il frate napoletano fu a Parigi in veste di uditore di Giovanni Duns Scoto, in quegli anni professore presso l’Università. Frà Landolfo fu riconosciuto come uno dei migliori allievi del Dottor Sottile, emergendo a tal punto per acume e vivacità intellettuale nelle quaestiones disputatae e nelle esercitazioni culturali sabbatine da meritarsi il titolo di Doctor Collectivus. Nel 1314, in qualità di nunzio speciale e protonotaro, ebbe l’incarico di compiere gli atti per la celebrazione del matrimonio di Beatrice, primogenita del re di Napoli Carlo II lo Zoppo. Tra il 1310 e il 1316 fu professore della Studio Teologico di San Lorenzo Maggiore, istituendovi la prima Cattedra Scotista del Mezzogiorno d’Italia ed illustrando la dottrina del maestro Giovanni Duns Scoto: “Scripsit multum vestigia sequendo Scoti, ipsum in omnibus declamando”. La fama di Landolfo Caracciolo varcò ben presto i confini del Regno di Napoli attirando anche l’attenzione del Papa Giovanni XXII, eletto ad Avignone il 7 agosto 1316. Su sollecitazione della Corte Pontificia, il Padre Maestro napoletano fu inviato a Parigi con il difficile compito dell’esame di censura delle proposizioni teologiche; contestualmente (1317-1320) Landolfo occupò la cattedra universitaria magno omnium plauso, imponendo con gli scritti e con l’insegnamento la dottrina scotista e dedicandosi al monumentale commento ai quattro libri delle Sentenze di Pietro Lombardo. In virtù del successo dell’insegnamento parigino e dell’unanime stima di cui godeva, nel 1324, Fra Landolfo fu nominato Ministro Provinciale della Provincia Religiosa Terrae Laboris, trovandosi così ad affrontare, risolvendoli con successo, i problemi scaturiti dalle lotte tra Papato e Impero e dall’interpretazione della regola di San Francesco d’Assisi da parte degli Spirituali e dei Fraticelli. A distanza di due anni fu eletto vescovo di Castellamare di Stabia da Papa Giovanni XXII e poi, ormai in fame di santità, nel 1331 arcivescovo di Amalfi. Nel 1340, in Napoli, consacrò il Monastero e la Chiesa di Santa Chiara. Infine, investito dei poteri di logoteta e protonotaro pacificò le fazioni siciliane in lotta, riuscendo a concludere il contratto di pace tra l’Ungaro e la regina Giovanna. Morì ad Amalfi il 1351 ed ivi fu sepolto» (Fonte: Biblioteca Fra Landolfo Caracciolo).

Landolfo Caracciolo. – Figlio di Pietro, a sua volta figlio di Teodoro Caracciolo (†976) e Urania.
Luigi Caracciolo. – È il nome di un canonico napoletano che fu nominato vescovo nell’aprile del 1469 e che tenne un Sinodo a Potenza nel 1472. Fonte: Geronimo Seripando e la Chiesa del suo tempo, p. 566.

M

Malfredo Caracciolo. – Detto Bebe. Figlio di Teodoro, morto nel 976, e fratello di Maria e Teodonanda (A1).
Malfredo Caracciolo. – Qualificato come comes. Figlio di Giovanni, figlio di Landulfo, figlio di Pietro, figlio del capostipite Teodoro. Malfredo è padre di Olfo, il cui nome insieme con quello del padre si trova in un atto notarile del 1° febbraio 1104 (A1).
Maria Caracciolo. – Figlia di Teodoro, morto nel 976, e sorella di Teodonanda.

N

O

Olfo Caracciolo. – Figlio di Malfredo detto comes. Il suo nome si trova in un atto notarile del 1° febbraio 1104. (A1)

P

Pietro Caracciolo. – Figlio di Teodoro Caracciolo († 976) e Urania. Di lui non si sa altro se non che fu suo figlio Landolfo.

R


S

T

Teodonanda Caracciolo. – Figlia di Teodoro Caracciolo († 976) e Urania. Sorella di Maria. «Ripete la donazione al monastero di s. Sergio e Bacco, già fatta con altra carta smarrita, di una rendita sui beni ereditati dal padre» (Ambrogino, Tav. I).
Teodoro Caracciolo. – Nei documenti è scritto “Caraziolus”. Si lui si sa soltanto che è morto nel 976, che era un patrizio della città di Napoli e che sposò una donna di nome Urania. È il capostipide riconosciuto dei Caracciolo, che secondo quanto ammettono i genealogisti è una delle poche famiglie di cui si può documentare una discendenza di oltre 1000, fatto piuttosto raro nella storia delle famiglie nobiliari.

U

Urania. – Moglie di Teodoro, capostipide dei Caracciolo. Di lei non si sa altro. Ebbe due figli: Teodonanda e Pietro.

v
Z
(segue)

domenica, marzo 15, 2009

Palestina e Medio Oriente 40 anni fa da una rivista di allora

Mentre riordinavo la mia Biblioteca è uscita fuori da uno scaffale una rivistina che ricordo di aver comprato nel 1968 nella Libreria Feltrinelli di via del Babuino in Roma. Ho voluto ripercorrerne le pagine. Ne ho sfogliato il sommario degli argomenti trattati nel numero datato giugno 1968, n. 2 della rivista “Maquis” il cui Direttore era Filippo Gaja, che personalmente non ho mai conosciuto ed il cui nome non ricordavo neppure come neppure ricordo di aver letto altre pubblicazioni. La mia attenzione si sofferma, 4o anni dopo, su alcuni servizi dedicati al Medio Oriente. Vi è un certo trionfalismo nell’esaltazione della causa palestinese. È certamente dignitosa e ammirevole la resistenza di questo popolo, che ancora resiste allo sterminio e alla pulizia etnica, ma in realtà mi sembra che vi sia poco trionfalismo da fare. Oggi, anche per gli stessi stati arabi che si sono arresi all’invasione e alla prepotenza, in primis l’Egitto, sembra che i palestinesi siano una palla al piede: meglio sarebbe stato se gli israeliani avessero finito di sterminarli, completando un’opera che i padri sionisti hanno avuto sempre in mente, traducendo magaro loro ciò che era nella mente di dio, beninteso del loro dio. Rileggo di seguito quell’articolo di 40 anni fa, comparandolo con il presente e riproducendone la documentazione fotografica, di cui non se se già esiste eguale in rete.

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Sembra tipico di un tono trionfalistico di quegli anni la “situazione di debolezza” attribuita agli “atteggiamenti aggressivi” di Israele che in realtà ne hanno sempre caratterizzato la presenza in Medio Oriente fin dai primi insediamenti sionisti, il cui fine è sempre stato la “pulizia etnica” di quelle terre, che essi – altro che fondamentalismo religioso! – considerano di loro proprietù in quanto attribuite loro direttamente da dio, dal Jahvè biblico, che meriterebbe di essere portato davanti ad una corte di giustizia, come “istigatore all’odio”. Ancora attuali invece le seguenti frasi: «2 milioni e 300.000 ebrei sono troppo pochi per mantenere con la forza della repressione l’occupazione di un paese popolato da un milione e 300.000 arabi animati da uno spirito di affermazione nazionale e decisi a non lasciarsi umiliare». Il “provvisorio” dell’occupazione è un dato permanente e la “guerra guerreggiata” volta allo sterminio ed alla pulizia etnica ha avuto una recentissima conferma tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009, per noi goym periodo delle maggiori festività dell’anno: anche questa una forma di disprezzo della nostra sensibilità da parte degli strateghi dell’operazione “piombo fuso”. Sono di valore documentario le foto della pagina 119 che riporto in evidenza qui di seguito, riproducendone testualmente le didascalie. La fonte iconografica non è diversamente indicata e non mi sono possibili riscontri:
Abitazioni arabe rase al suolo con la dinamite a Abu Niss. L’obiettivo è semplice: incitare gli arabi alla partenza.
Partigiani palestinesi arrestati

Il Il villaggio di Karamé, in territorio giordano, nel corso del raid israeliano del 20 marzo [1968]. Era una base dei guerriglieri.

Un partigiano arabo arrestato dalla polizia israeliana.